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47.Celò ’l bel sen con l’aureo vel, ma come,
appiattando la testa in cespo erboso,
invan l’augel che trae di Fasi il nome
crede tutto a chi ’l mira essersi ascoso;
cosí se ben de le diffuse chiome
fece a l’altre bellezze un manto ombroso,
scopriva intanto in fra quell’ombre aurate
sol nel Sol de’ begli occhi ogni beltate.

48.Oltre che di quel Sol chiaro e sereno
quella nube gentil non splendea manco.
Ella pur cerca or il leggiadro seno
velarsi, or il bel tergo, or il bel fianco.
Ma le fila de l’or tenersi a freno
su l’avorio non san lubrico e bianco;
e quel che di coprir la man si sforza,
audace venticel discopre a forza.

49.Vanno al gran Bagno. Or da Cantiche carte
di Baia e Cuma il paragon si taccia.
In un quadro perfetto ò con bell’arte
disposto, ed ogni fronte è cento braccia.
Di ben commodi alberghi in ogni parte
cinto, e tre ne contien per ogni faccia.
Camere e logge in triplicata fila
vi stanno, ed ogni stanza ha la sua pila.

50.In mezo a l’edificio alto si scorge
piantato di diaspro un gran pilastro,
per le cui vene interne il fonte sorge,
forate sí da diligente mastro
che per dodici canne intorno porge
Tacque in vasi d’acate e d’alabastro.
È d’argento ogni canna assai ben tersa,
come d’argento son Tacque che versa.