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183.E certo io non so giá, s’è lor concesso
gli encomii udir d’adulator ch’applaude,
perché non deggian poi nel modo istesso
il biasmo tollerar, come la laude.
E s’ai malvagi è d’operar permesso
ogni male a lor grado, ed ogni fraude,
perché non lice ancor con pari ardire,
come ad essi di fare, altrui di dire?

184.Io per me (bella Dea) perch’altri offeso
si tenga dal mio dir, scoppiar non voglio;
ma né turbarsi giá chi n’è ripreso,
né sentir ne devria sdegno o cordoglio:
perché qualor, pur come foco acceso,
o rasoio crudel, la lingua scioglio,
con pietoso rigor di buon Chirurgo
arder mostro e ferir, ma sano e purgo.

185.Or essendo il meschino in terra e ’n Cielo
per tal cagion perseguitato tanto,
io, che pur l’amo con paterno zelo,
supplico il Nume tuo cortese e santo
ch’appo la Fonte dal gran Re di Deio
de’ Cigni tuoi giá consacrata al canto,
lá de Tacque immortali in su la riva
ti piaccia acconsentir ch’alberghi e viva.

186.Solo in quell’isoletta amena e lieta,
che d’ogni insidia è libera e secura,
potrá vita menar franca e quieta,
e scriver e cantar senza paura.
Ei se ben non è Cigno, è tal Poeta
che meritar ben può questa ventura
d’esser ascritto in fra que’ scelti e pochi:
ma non sia chi l’attizzi, o chi ’l provochi!