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179.Su le sponde del Tebro, ov’egli meno
credea che ’l vizio e ’l mal regnar devesse,
per dar legge al suo dir, ch’è senza freno,
tra bontate e virtute, albergo elesse.
Ma non cessò di vomitar veleno,
né però piú eh’altrove ei tacque in esse;
se ben malconcio, e senza un membro intero,
provò che l’odio alfín nasce dal vero.

180.Se tu vedessi (o Dea) l’aspre ferite
c’ha per tutte le membra intorno sparte,
diresti che con Hercole ebbe lite,
o ch’a guerra in steccato entrò con Marte!
Ch’o sien vere l’accuse, o sien mentite,
ogni Grande aborrir suol la nostr’arte;
e perdendone alfín la sofferenza,
non voglion comportar tanta licenza.

181.Alcun ben ve ne fu che se ne rise,
e di suo motteggiar poco gli calse:
però ch’egli è faceto, e ’n varie guise
sa novelle compor veraci e false;
ben che l’arguzie sue giá mai divise
non sien da le punture amare e salse.
Lecca talor piacevolmente, e scherza,
nondimen sempre morde, e sempre sferza.

182.Ma costoro ch’io dico, i quali in pace
lo lasciali pur gracchiar quant’egli vole,
sapendo per natura esser loquace,
e che pronte ha l’ingiurie e le parole,
che per rispetto o per timor non tace,
e ch’irritato piú, piú garrir suole,
son pochi e rari, ed han sinceri i petti,
né temon ch’altri scopra i lor difetti.