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LE DELIZIE

42°

175.[ fanciulli rapiti e le donzelle
non sol di rinfacciargli ardisce ed osa,
ma pon ne l’opre sue divine e belle
anco la bocca, e biasma ogni sua cosa.
Trova degli elementi e de le stelle
imperfetta la mole, e difettosa,
ogni parola impugna, emenda ogni atto,
e si beffa taior di quanto ha fatto.

176.Dá menda al mar c’ha i venti e le tempeste,
a la terra, che trema e che vacilla,
a l’aria, che di nuvoli si veste,
ed al foco, che fuma e che sfavilla.
Appone a la gran machina celeste
che maligne influenze infonde e stilla,
ch’altra luce si move, altra sta fissa,
che la Luna è macchiata, e ’l Sol s’ecclissa!

177.E non pur di colui che ’l tutto regge,
ma prende a mormorar de la Natura.
Dice, ch’altrui vii femina dar legge
non dee, né dee del mondo aver la cura.
La detesta, la danna, e la corregge,
e ’l lavoro de Tuoni tassa e censura,
che non die, ché non fe’, sciocca maestra,
al tergo un occhio, al petto una finestra.

178.Per questo suo parlar libero e schietto
Giove dal Ciel l’ha discacciato a torto.
Gli fe’ com’al tuo sposo, e per dispetto,
se non fusse immortai, l’avrebbe morto.
Precipitato dal superno tetto,
restò rotto e sciancato, e guasto e torto.
Ma perché pur co’ detti altrui fa guerra,
poco meglio che ’n Cielo è visto in terra