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3.Elle ingombrando il cor di cure insane
col dolce vin de la Lussuria molle,
quasi del Padre Ebreo figlie profane,
l’infiamman si, che fervido ne bolle.
Instigate da lor le voglie umane
a libertá licenziosa e folle,
dietro ai vani appetiti oltre il prescritto
trascorron poi del lecito e del dritto.

4.Ma s’a la forza magica di queste
incantatrici e perfide Sirene
ad aggiungere ancor per terza peste
il calor de la Crapula si viene,
che non può? che non fa? quante funeste
ululare per lei tragiche scene?
Toglie di seggio la ragion ben spesso,
l’anima invola al cor, l’uomo a se stesso.

5.Lupa vorace, ingordo Mostro infame,
lo cui cupo desir sempre sfavilla,
che sol per satollar l’avide brame
brami collo di Gru, ventre di Scilla,
sí ch’ésca omai bastante a tanta fame
la terra o l’acqua non produce o stilla,
e da la gola tua divoratrice
a pena scampa l’unica Fenice:

6.dolce velen, che d’uinor dolce e puro
irrigando il palato, innebri l’alma,
dal tuo lieto furor non fu securo
chi pria t’espresse con la roza palma.
Del tuo sommo poter, fra quanti furo
oppressi mai di cosí grave salma,
Herode, e Baldassare, ed Oloferne
han lasciate tra noi memorie eterne.