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286 la tragedia


31.Giovane il mondo in altra età qual ebbe,
amato mai da Deïtate alcuna,
e qual cotanto al Cielo in grazia crebbe,
che possa pareggiar la tua fortuna?
Non quegli a te paragonar si debbe
ch’accese il cor de la gelata Luna.
Non l’altro, che ’n su ’l bel carro fiorito
fu da la bionda Aurora in Ciel rapito.

32.Mille di mille Dee, di mille Dei,
che quaggiù di lassù spiegaro il volo,
amori annoverar qui ti potrei,
ma lascio gli altri, e te ne sceglio un solo.
Oso di dir, che più felice sei
di quel che piacque al gran Rettor del polo.
Non so se ti sia nota, o forse oscura,
del Troiano donzel l’alta ventura.

33.Dal sovrano balcon rivolto avea
il Motor de le stelle a terra il ciglio,
quando mirò giù ne la valle Idea
del Re di Frigia il giovinetto figlio.
Mirollo, e n’arse. Amor, che l’accendea,
l’armò di curvo rostro e curvo artiglio,
gli prestò l’ali, e gli destò vaghezza
di rapir la veduta alta bellezza.

34.La maestà d’un sì sublime amante
bramoso d’involar corpo sì bello,
de la ministra sua prese sembiante,
ché non degnò cangiarsi in altro augello.
Però che tutto il popolo volante
più magnanimo alcun non n’ha di quello,
degno da che portò tanta beltate
d’aver di stelle in Ciel l’ali gemmate.