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188 l’innamoramento


143.Quanto darvi mi lice, e quanto è mio
vi sacro, e de l’ardir cheggio perdono.
Se degno son di voi, vostro son io,
e se ’l cor vi fia in grado, il cor vi dono.
Se mendica è la man, ricco è il desio,
siete donna di me più ch’io non sono.
Né, fuor che l’amor vostro, amar potrei,
né potendo voler, poter vorrei.

144.Il mio volere al voler vostro è presto
tanto, che quasi in me nulla n’avanza.
Lo stato mio, s’a tutti è manifesto,
come a voi di celarlo avrei baldanza?
Mirra (dirollo) il cui nefando incesto
la vergogna rinova a la membranza,
fu la mia genitrice, e da colui
che generolla, generato io fui.

145.Ed or selvaggio Cacciator ramingo,
sagittario di Damme e di Cervette,
l’arco per mio trastullo incocco e stringo,
ed impenno la fuga a le saette.
Felice error, che per l’orror solingo
di quest’ombre beate e benedette
fuor di via mi tirò, né ciò mi dole,
poi che perdo una fera, e trovo un Sole.

146.Ne’ be’ vostr’occhi, per cui vivo e moro,
l’anima omai depositar mi piace;
ma perché ’l cor sacrificato in loro
già sento già che ’n vivo ardor si sface,
e perch’a quella bocca, ov’è ’l tesoro
d’Amor, non è d’avicinarsi audace,
ecco, con questo bacio, ancor che indegno,
a te, candida mano, io la consegno. —