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176 l’innamoramento


95.E traendo un sospir piano e sommesso
tempra il novo martìr che la tormenta,
e languisce e gioisce a un tempo istesso,
spera, teme, arde, agghiaccia, osa e paventa.
La mano e ’l sen s’empie di fiori, e spesso
su ’l viso un nembo al bel fanciul n’aventa.
Indi (ché lui destar non vuol) s’inchina
dolcemente a baciar l’erba vicina.

96.Poscia il bel riso entro le labra accolto,
che ’n carcere di perle s’imprigiona,
contempla attentamente, e del bel volto
vagheggiando la bocca, a lei ragiona.
— Urna di gemme, ov’è il mio cor sepolto,
a te medesma il mio fallir perdona,
s’io troppo ardisco; or che tu taci e dormi,
l’alma che mi rapisti io vo’ ritòrmi.

97.Che fo — seco dicea — , ché non accosto
volto a volto pian piano, e petto a petto?
Vola il tempo fugace, e seco tosto,
seguito dal dolor, fugge il diletto.
Ahi quel diletto, a cui non vien risposto
con bel cambio d’Amor, non è perfetto;
né con vero piacer bacio si prende,
cui l’amata beltà bacio non rende.

98.Qual dunque tregua attendo a’ miei martiri,
s’occasïon sì bella oggi tralasso?
Ma s’avien che si svegli, e che s’adiri,
dove rivolgerò confusa il passo?
Moveranno il suo cor pianti e sospiri,
pur che non abbia l’anima di sasso...
Non l’avrà, s’egli è bel! — Così dubbiosa
per baciarlo s’abbassa, e poi non osa.