Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/138

136 il palagio d’amore


135.Qual di santa onestà pudico lume
in quella nobil Vergine sfavilla?
quanto di venerando ha l’altro Nume?
qual d’augusto decoro aria tranquilla?
Ma qual vago fanciul batte le piume
intorno a questa? e che dolcezza stilla?
Par che ritenga in sé dolce attrattivo
non so che di ridente, e di festivo.

136.Ciò però non mi basta, ancor sospeso
un ambiguo pensier m’aggira e move.
Mentr’or a questa, or son a quella inteso,
bramo il sommo trovar, né so ben dove.
S’io non vo’ di sciocchezza esser ripreso,
conviemmene veder più chiare prove.
Fia d’uopo investigar meglio ciascuna,
e mirarle in disparte ad una ad una.»

137.Fa, così detto, allontanar le due
e soletta ritien seco Giunone,
la qual promette lui che, se le sue
bellezze a le bell’emule antepone,
principe alcun già mai non fia, né fue
più di scettri possente, e di corone;
e ch’ogni gente al giogo suo ridutta,
il farà possessor de l’Asia tutta.

138.Spedito di costei, Pallade appella,
che ’n aspetto ne vien bravo e virile,
e patteggiando gli promette anch’ella
gloria, cui non fia mai gloria simile;
e che se lei dichiarerà più bella,
farallo invitto in ogni assalto ostile,
chiaro ne l’armi, e sovra ogni guerriero
inclito di trofei, di palme altero.