Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/113


canto secondo 111


35.Tra que’ duo poggi, che non lunge vedi,
teco verrò per solitarie vie.
Poi da te presi i debiti congedi,
t’attenderò su ’l tramontar del die;
e recherommi a gran mercé, se riedi
a ricovrar ne le cappanne mie.
Forse intanto il tuo legno esposto a l’onda
fia che guidi a buon porto aura seconda. —

36.Adon disposto di seguir sua sorte,
cortesemente al contadin rispose.
In questo mentre innanzi a le gran porte
estranie vide e disusate cose:
in mezo un largo pian, che vi fa corte,
stende tronco gentil braccia ramose,
di cui non verdeggiò mai sotto il cielo
più raro germe, o più leggiadro stelo.

37.Cedan le ricche e fortunate piante
che dispiegaro la pomposa chioma
nel bel giardin del Libico Gigante,
che ’l tergo incurva a la stellata soma.
Non so se là ne le contrade sante,
carica i rami di vietate poma,
arbor nutrì sì prezïosa e bella
quel che suo Paradiso il mondo appella.

38.Ha di diamante la radice e ’l fusto,
di smeraldo le fronde, i fior d’argento.
Son d’oro i frutti, ond’è mai sempre onusto,
e la porpora a l’or cresce ornamento.
Di contentar dopo la vista il gusto
al curïoso Adon venne talento,
ond’un ne colse, e com’a punto grave
fusse d’ambrosia, il ritrovò soave.