Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/112

110 il palagio d’amore


31.Vulgo dal destro lato e dal sinistro
di fanciulli e di ninfe si confonde,
e par ch’a suon di crotalo e di sistro
vibrin tirsi e corimbi e frasche e fronde.
Inghirlandan di Bacco ogni ministro
verdi viticci, uve vermiglie e bionde:
e son le viti di smeraldo fino,
l’uve son di giacinto e di rubino.

32.Quinci e quindi dintorno ondeggia e bolle
la turba de le Vergini Baccanti,
e corre e salta infurïato e folle
lo strepitoso stuol de’ Coribanti.
Par già tutto tremar facciano il colle
buccine, e corni, e cembali sonanti.
Pien di tant’arte è quel lavor sublime,
che nel muto metallo il suono esprime.

33.Quanto Adon più da presso al loco fassi,
più la mente gl’ingombra alto stupore.
“Questo è il Ciel de la terra, e quinci vassi
a le bëatitudini d’Amore”.
Così colà volgendo i guardi e i passi,
in fronte gli mirò scritto di fore.
Tutto d’incise gemme era lo scritto,
tarsïato a caratteri d’Egitto.

34.— Ecco il Palagio ove Ciprigna alberga —
disse allor Clizio — e dov’Amor dimora.
Io quando avien che ’l Sol più alto s’erga,
menar qui la mia greggia uso talora;
né fin che poi ne l’Ocean s’immerga,
la richiama a l’ovil canna sonora.
Ma poi che Sirio latra, io vo’ ben oggi
miglior ombra cercar tra que’ duo poggi.