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piacere pacificano a poco a poco. La tua anima umana ha un borbottio sonnolento di bimbo in fasce. Ecco... Sei già assorto nel placido ondeggiamento della foresta...

Fiuta la tua pelle. Non ha più l’odore acido e caldo della carne, ma l’effluvio frescacido delle linfe. Sei diventato una galanteria di foglie e fiori offerta alla brezza tua, Mabima, odorosa che ti avviluppa. Il lieve ansare del tuo petto rivela la gioia che prova nel sentir salire in sé la tua vita. Le sue arterie e le tue vene sono le arterie e le vene mescolate della terra.

Rombatori, Frusciatovi, Gracidatovi, Gorgogliatori.

Le fontane che gorgogliano in te sono liete di sentirsi belle e buone a nulla. Questa che ti sgorga dal cuore con luccichíi vistosi finge di creare ruscelli di pensiero. Ma subito si sparpaglia in liquida capigliatura, cantando la sua beata inutilità. Kabango, carne fronzuta, ascolta le tue fontane!... Si chiamano l’una l’altra, accordando insieme le loro voci umane, poco umane, già sovrumane, che deridono l’umanità. Sono ebbre d’esser vane, poiché spesso nessuno le ascolta. Tutte felici se Mabima si avvicina co’ suoi serici passi da uccellatore. Mabima anch’essa si disumanizza...

Ora si muta in un verde arbusto che s’inchina su di te, su di me, come vuole il vento, poi lento si ricompone in una estatica immobilità. Talvolta sembrano singhiozzare le tue fontane, o Kabango, ma subito scroscia e scampanella una risata e con mille moine di voci argentine spandono mille e mille perline di allegria agli echi che sono mendichi erranti e orfane bambine smarrite. Salgono in te, Kabango, fontane e fontane di perle, ebbre tutte d’infilarsi sull’unico filo d’argento che ornerà volubilmente sotto la luna il collo di Mabima!...

Kabango

svegliandosi dal suo sogno vegetale:

Taglia, taglia profondamente; spalanca le labbra della piaga.


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