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del baratro sottopubico e senza clamide con le mani vindici, agguanto il carname e lo scavo di fessure eternali offerte al rosmarino. Favorisco l’andare delle epe delle meretrici e guarisco il ceppo infranto dell’uomo senza possa. Sono il dominus della stirpe!... Senza di me la carne della femmina non sarebbe erpicata dal maschio vomerato, e il nocchiero non solcherebbe l’aureo levarne del mare.
Rimpolpo l’assisa delle cosce opime della madre e i pensieri turgenti dell’aedo che tormenta lo struggente liuto davanti al sepolcreto.
Sono la perennità che vince la proclive matrice del passato plorante. Sono l'eterno e l’effimero, il corsiero e la pudenda del cerebro, fallace.
Unghieggio l’olocausto virgineo transustanziato ndl’ordigno carnale. Il mio prezzemolo orna il serto glauco dell’orizzonte marino al navigatore. Quando infiggo il coltello nel solco cesareo del bovame al rombo delle buccine e degli oricalchi, tutti interschiacciano le palme per gaudio ossequio e delectazione.
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