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Mohamed continuava a cantare sotto la luna:

— Ilaì, Ilaì, tua carne è soave...

La camera era sudicia; il catino era giallognolo e screpolato!... E quella maledetta porta che veniva riaperta di continuo!...

E dire che avevo sospirato tanto quelle delizie!...

Ad un tratto, una fucilata, poi un grido straziante, nel chiarore lunare! (Mohamed non cantava più...) e il tonfo di un corpo pesante, a un piano superiore, forse su una terrazza!...

Io mi precipitai fuori. Nel cortile, un tumulto indescrivibile.

Le donne gridavano lugubremente:

— Mustapha ha ucciso Mohamed! Mustapha ha ucciso Mohamed!

La marmaglia guaiva, terrorizzata. Io mi feci largo a gomitate, per arrampicarmi su per la scala a piuoli, e salii sulla terrazza più alta. Mohamed giaceva bocconi in una pozza di sangue.

Tentai di sollevare il cadavere. Era già freddo e troppo pesante. Non mi fu possibile trasportarlo.

Nel cortile, i miei amici erano in preda allo sgomento, perchè alcuni arabi erano venuti a dire che il marito di Fatma, Mustapha, voleva uccidere tutti.

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Ma egli non fece altre vittime. Mi passò accanto senza nemmeno guardarmi. Aveva ucciso Mohamed, perchè questi non gli aveva pagato, l’ultima volta, il prezzo della prostituzione di Fatma. Povero Mohamed el Raged!


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