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Passarono grandi negri, biancovestiti, che avevano mazzetti di gelsomini sull’orecchio e sotto il turbante. Passarono alcune donne, tutte velate e misteriose. Fra loro io cercai di scoprire Fatma.

I miei amici mangiavano dei dolciumi friabili e profumati di melagrana e di rose, inaffiandoli con una limonea melata e piena di pistacchi.


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Annottava. Al di là delle casette dalle terrazze fiorite, il tramonto grondava di lave incandescenti. Le sabbie s’infocarono. Poi lentamente, al soffiar della brezza notturna, le fiamme e le porpore s’abbassarono. Il paesaggio si vellutò d’ametista, e il sole, morendo, gocciò in ori liquefatti e saporosi che mi fecero pensare a un’arnia grondante di miele. Una lontana isola di verzura apparve fra le sabbie metallizzate e preziose, simile a uno smeraldo cerchiato d’oro. Mohamed s’inchinò verso l’Occidente, con una mano alla fronte, per scongiurare i genii maligni della notte. Su una terrazza un vecchio dalla barba bianca, vestito di blu, svolse una piccola stuoia, e a volta a volta, ritto a piedi giunti, piegato in due, in ginocchio, bocconi con la faccia a terra, disse la sua preghiera ad Allah, rivolto verso l’Occidente. EE

Anche delle donne salirono sulle terrazze vicine. Quando la luna di umida madreperla spuntò al disopra della casetta di fronte, Moha-

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