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e inquilini anti-Dreyfusisti. Aveva sotto l’ascella una lunga scopa, le larghe mani aperte sul ventre e, ridendo a crepapelle, disse nel silenzio generale: «Ah, questa è grossa! Manicomio! Manicomio!...».

La mia amica mi guardò negli occhi, comprese e disse: «Avete ragione di trovare idiota tutto questo... Dopo un simile spettacolo deve venire il diluvio». Due voci flebili e smorfiose mi ronzavano nelle orecchie da dieci minuti. Scambio di parole tenere che rivelavano dei semi-contatti erotici simili a quelli che mi univano alla mia amica. Mi voltai e vidi un signore panciuto sessantenne che stringeva col braccio destro amorosamente un giovanetto oscenamente effeminato, guance a pastello, labbra enfiate di vecchia prostituta, occhi azzurri sciupati malaticci e paurosi sotto bellissimi capelli biondi.

Alla mia destra una notissima scrittrice, liquefatta da trenta anni di thè letterari, vasto seno-prua balordamente fasciato di velluto granata, oscillante alberatura di cappello estremo-oriente. Vicino sotto e sovente nascosta da lei, una troppo fragile pupattola bionda (crema oro sorrisi ai vetri fini) diceva a un banchiere biblico, calvo, che uncinava le donne (velieri o canotti) col naso arrugginito:

— Oh! io trovo che il denaro è un potente afrodisiaco. Il denaro è la più grande prova d’amore che un uomo può darci...

Era probabilmente fedele a quel suo palmipede bancario che le offriva con 100.000 franchi di toilettes all’anno la delizia di vincere e di umiliare tutte le sue amiche. Preferiva indub-


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