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negra, un’araba insomma frenetizzata da Parigi. Ma aveva alcune manìe seccanti, tra le quali quella di implorare da me ogni sera un identico e sempre entusiastico elogio del suo seno. Bellissimo in realtà. Ma dopo un mese mi rifiutai energicamente di rispondere al suo grido monotono:

— Dimmi che sono belle le mie piccole poppe! Dimmi che sono belle!

— Sì, sono belle! Sono belle! Ma basta!...

La trascurai e ruppi la relazione, meritandomi una volta di più l’accusa più volte lanciatami:

Tu n'es qu’un brute en amour, tu ne comprends rien aux finesses.

Una signorina di Saint Cloud, conosciuta in una villa dove fui ospitato durante una settimana, aveva una strana facoltà di sdoppiarsi nell’amore. E mentre si abbandonava alle più violente carezze incominciava talvolta uno strano fantastico dialogo con la punta inturgidita e accesa della sua mammella destra che fissava con degli sguardi magnetizzati. Le balbettava paroline incomprensibili che dovevano essere tenerissime. A quando a quando si interrompeva per dirmi:

— Guardalo, il mio seno, come ingrossa la sua punta, l’animale.

Mi divertii due notti. Poi dissi ancora una volta: basta! E fui senza dubbio giudicato un uomo troppo semplice e brutale in amore, che non comprendeva le complicazioni.

Vi sono donne che amano gl’invalidi, i vinti, i delusi. Ad una di queste io dissi: «Tu fiuti in me un cadavere?... Non è ancora pronto! Ti prego di ritornare fra venti anni, iena!»

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