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sici francesi in Alessandria d’Egitto sono le furie di mio padre, che si vedeva costretto a mandarmi a Parigi.


Solo, a Parigi. Diciassette anni. Tutte le grisettes del quartiere latino. Tutte le agitazioni studentesche. Un pessimo esame di matematica, ma uno trionfale di filosofia sulle teorie di Stuart Mill. Venni a Milano bachelier es lettres, con una cultura francese, ma invincibilmente italiano, a dispetto di tutti i fascini parigini.

Mentre mi laureavo in legge all’Università di Genova, una mia poesia in versi liberi: Le vieux marins, comparsa nell'Anthologie-Revue, fu premiata da Catulle Mendès e Gustave Kahn, direttori dei Samedis populaires di Sarah Bernhardt, e declamata dalla grande attrice nel suo teatro, gloriosamente.

Coi pochi soldi concessimi da mio padre, nemico giurato di ogni mia letteratura, mi ero precipitato a Parigi. La mia entrata negli ambienti letterari fu l’avvento clamoroso di un giovane nuovo grande poeta: redazioni aperte, editori, riviste pieni d’ossequi.

Si svolse poi la mia campagna letteraria attraverso l’Italia in favore del simbolismo e del decadentismo francese, con innumerevoli conferenze mediante le quali io rivelai all’Italia Baudelaire, Mallarmé, Verlaine, Rimbaud, Laforgue, Gustave Kahn, Claudel, Paul Fort, Verhaeren, Jammes. Seguirono la fondazione e lo sviluppo della rivista


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