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atto secondo | 77 |
tesche i cui fogliami sono alle stelle come morbide culle!... Venite, venite, dunque, sotto l’ampio tetto della mia anima!... Io vi ricovererò come il povero Fosco... quel cane rognoso e guercio e zoppicante, che mi seguiva dappertutto, sotto i trivelli diacci del funebre inverno... Ah! come piansi di amore e di tristezza, nel curare le piaghe del suo dorso!... Ma non sapeva ringraziarmi, quella povera bestia! I suoi occhi orrendi trasudavano, senza che egli lo sapesse, sangue di odio e sanie di ferocia! Citrulli! e voi siete come quel cane, poiché nemmeno voi sapete ringraziarmi!
FAMONE.
Taci! taci, perdio! stomaco vile!... E voi, non gli badate! Dice che siete cani rognosi!
L’IDIOTA
ai Citrulli attenti:
Una sera d’inverno, dopo aver lungamente medicate e ristorate le sue piaghe, ad una ad una, io lo sentii rantolare orribilmente sotto le dita bianche e crocchianti della Morte, che gli soffiava sul muso ombra verde e gelo... La notte calava sulla campagna lugubre, e Fosco agonizzava. Oh! con quanta tenerezza io baciavo tutte le sue piaghe, spiando nel suo occhio un qualche lontano bagliore d’affetto! E, nelle tenebre, gridai: «Stelle tutelari! riscaldatelo!... Non vedete. Stelle, che sta per morire, il mio povero cane? Oh! fate ch’egli abbia per me uno sguardo dolce, per un momento, prima di estinguersi!...» E ad un tratto, vidi agitarsi la sua coda!... Era quella la sua benedizione... Tutta la bontà del