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Questo atto si svolge in mezzo al gran parco reale, in una vasta spianata formata dal viale di mezzo, che si prolunga, verso il fondo della scena, fino al Castello dell’Abbondanza. In fondo, a cento metri dalla ribalta, s’erge il castello, le cui vetrate ogivali lustreggiano e che somiglia esattamente a un colossale pasticcio scintillante, con merli di zucchero roseo e con quattro torricciuole verdi dalle feritoie bianche da cui sembra trabocchi del lattemiele. I marmi carnicini della scalea, qua e là coperti d’una vegetazione fruttifera, attirano lo sguardo, allettandolo, verso l’estremità del viale.
Il castello e il parco reale sono dominati da enormi e appetitose architetture digradanti sullo sfondo del cielo. Sembrano, da lontano, colonnati di cioccolatta, terrazze imbutirrate d’oro, balconi di torrone traforato e verande ornate di festoni di frutti canditi, che pendono perpendicolarmente dalle nuvole.
E’ un saporoso meriggio di maggio, color di miele, tutto profumato.
ANGUILLA
avvicinandosi a Famone, mentre il suono cupo delle campane s’effonde ampiamente nell’aria dorata di sole: |
Dunque?... Che c’è di nuovo?