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ANGUILLA.

Zitto, Vermicello!... E tu continua, Fra Trippa!

FRA TRIPPA.

Anguilla caro, dammi un po’ d’arrosto!... L’appetito mi fa perdere il filo del discorso... (Afferra a volo un pezzo di carne che gli è lanciato da Anguilla, lo inghiotte, e continua, a bocca piena) Dunque, tutti digerivano con pena, come si confà ai veri signori, e la loro sazietà aveva esplosioni sì rumorose da coprir la voce del tuono!...

ANGUILLA

con compunzione nostalgica:

Oh, suoni soavi che non s’odono più!...

FRA TRIPPA.

Nelle grevi notti d’estate, i signori digerivano poderosamente, alla finestra, scoperto il petto, libera la pancia, accarezzandosi lo stomaco, che vibrava più d’un coperchio di caldaia... Tanto, che talvolta sembrava loro di vomitare la luna, enorme e calda, fra uno scoppio e l’altro del loro formidabile singhiozzo... E quei rumori si ripercuotevano allora sì sonoramente, d’eco in eco, sulle montagne vicine, che i fanciulli dormenti nei neri tugurî si destavano di soprassalto e gridavano «Al fuoco! Al fuoco!...»

I FORTI

rovesciato il capo all’indietro, e premendosi con la sinistra aperta il ventre sussultante, levano alto il gomito bevendo, grugnendo e ridendo entro i capaci boccali, da cui il vino rigurgita.

Ah! ah! ah!... Che storia divertente!...