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scriveva il loro concittadino Dr. Carito in «Umanità Artritica»: ... il nostro popolino è ancora in una fase primitiva. Su per giù non ha fatto grandi progressi dal tempo in cui Schopenhauer, osservando il suo cibo quotidiano, lo qualificò genialmente come l’ alimentazione dei rassegnati.
«Ahimè, anche le nostre classi alte, intellettuali, persino le così dette «dirigenti», non sanno alimentarsi bene! Onde il torpore della vita fisiologica con i suoi inevitabili nefasti riverberi nella sfera psichica. Onde quella nomea di «indolenza » con cui fummo additati e vilipesi nei secoli scorsi. In tutto ciò che concerne alimentazione, moto, esercizî sportivi dobbiamo radicalmente riformarci...»
Un medico del ’500
contro la pastasciutta
In un articolo sul «Secolo XIX» di Genova, Amedeo Pescio insorge contro quelli che chiamano gloria e vanto dei genovesi i ravioli, le lasagne, i taglierini, ecc. E scrive: «Giovanni da Vigo iniziò la campagna contro la pasta asciutta nel ’500, quando il buon rapallino dottissimo, curava papi e principi, prelati e ministri, gente dinamica, sì, ma che non andavano in giù a digerire corbe di trenette e di litantrace. Orbene il grandissimo chirurgo della nostra città (come
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