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La «Cucina Italiana», giornale diretto con grande genialità e competenza da Umberto e Delia Notari, aprì un’inchiesta mentre infuriava la polemica mondiale pro e contro la pastasciutta e pro e contro le vivande futuriste.
Tra i molti, difesero la pastasciutta i dottori Bettazzi, Foà, Pini, Lombroso, Ducceschi, Londono, Viale, ecc. Questi, poco scientificamente, obbediscono alla prepotenza del loro palato. Sembrano parlare a tavola, in una trattoria di Posillipo, la bocca beatamente piena di spaghetti alle vongole. Non hanno la lucidità spirituale del laboratorio. Dimenticano gli alti doveri dinamici della razza, e il turbine angoscioso di splendide velocità e di violentissime forze contraddittorie che costituisce la vita moderna.
Pur sforzandosi di legittimare i loro piaceri boccali, debbono convenire che altre vivande sono per lo meno nutrienti quanto la pastasciutta.
Alcuni di questi dichiarano che i profumi, le musiche, ecc. sono unicamente paragonabili agli eccitanti, mentre sono da noi considerati come atti a creare sul mangiatore uno stato d’animo ottimista singolarmente utile ad una buona digestione. Non soltanto: i profumi, le musiche e i tattilismi, che condiscono le vivande futuriste,
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