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lume e del peso e avrà, per uno dei suoi principi, l’abolizione della pastasciutta. La pastasciutta, per quanto gradita al palato, è una vivanda passatista perchè appesantisce, abbruttisce, illude sulla sua capacità nutritiva, rende scettici, lenti, pessimisti. È d’altra parte patriottico favorire in sostituzione il riso».

Questo discorso suscitò tra i convitati applausi folli e torbide irritazioni. Marinetti sfidò le ironie precisando il suo pensiero.

All’indomani su tutti i giornali scoppiò una polemica violentissima alla quale parteciparono tutte le categorie sociali, dalle signore, ai cuochi, ai letterati, agli astronomi, ai medici, agli scugnizzi, alle balie, ai soldati, ai contadini, agli scaricatori del porto. Ogni volta che in qualsiasi ristorante, osteria o casa d’Italia veniva servita la pastasciutta, erano intrecci immediati di interminabili discussioni.



Il giorno 28 Dicembre 1930, nella Gazzetta del Popolo di Torino apparve

il Manifesto della cucina futurista


«Il Futurismo italiano, padre di numerosi futurismi e avanguardisti esteri, non rimane prigioniero delle vittorie mondiali ottenute «in venti


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