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MARINETTI.
Uccidiamo il Chiaro di Luna!

Aprile 1909.


1.


— Olà! grandi poeti incendiari, fratelli miei futuristi!.... Olà! Paolo Buzzi, Palazzeschi, Cavacchioli, Govoni, Altomare, Folgore, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini, Pratella, D’Alba, Mazza! Usciamo da Paralisi, devastiamo Podagra e stendiamo il gran Binario militare sui fianchi del Gorisankar, vetta del mondo!

Uscivamo tutti dalla città, con un passo agile e preciso, che sembrava volesse danzare cercando ovunque ostacoli da superare. Intorno a noi, e nei nostri cuori, l’immensa ebrietà del vecchio sole europeo, che barcollava tra nuvole color di vino.... Quel sole ci sbattè sulla faccia la sua gran torcia di porpora incandescente, poi crepò, vomitandosi tutto all’infinito.

Turbini di polvere aggressiva; acciecante fusione di zolfo, di potassa e di silicati per le vetrate dell’Ideale!... Fusione d’un nuovo globo solare che presto vedremo risplendere!

— Vigliacchi! — gridai, voltandomi verso gli abitanti di Paralisi, ammucchiati sotto di noi, massa enorme di obici irritati, già pronti per i nostri futuri cannoni.

«Vigliacchi! Vigliacchi!... Perchè queste vostre strida di gatti scorticati vivi?... Temete forse che appicchiamo il fuoco alle vostre catapecchie?... Non ancora!... Dovremo pur scaldarci nell’inverno prossimo!...