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Egli comincerà col distruggere brutalmente la sintassi nel parlare. Non perderà tempo a costruire i periodi. S’infischierà della punteggiatura e dell’aggettivazione. Disprezzerà cesellature e sfumature di linguaggio, e in fretta vi getterà affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, secondo la loro corrente incalzante. L’irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell’aggettivazione. Manate di parole essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione del narratore rendere tutte le vibrazioni del suo io.

Se questo narratore dotato di lirismo avrà inoltre una mente popolata di idee generali, involontariamente allaccerà le sue sensazioni coll’universo intero sconosciuto o intuito da lui. E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. Egli darà così il fondo analogico della vita, telegraficamente, cioè con la stessa rapidità economica che il telegrafo impone ai reporters e ai corrispondenti di guerra, pei loro racconti superficiali. Questo bisogno di laconismo non risponde solo alle leggi di velocità che ci governano, ma anche ai rapporti multisecolari che il pubblico e il poeta hanno avuto. Corrono infatti, fra il pubblico e il poeta, i rapporti stessi che esistono fra due vecchi amici. Questi possono spiegarsi con una mezza parola, un gesto, un’occhiata. Ecco perchè l’immaginazione del poeta deve allacciare fra loro le cose lontane senza fili conduttori, per mezzo di parole essenziali in libertà.


MORTE DEL VERSO LIBERO.

Il verso libero dopo avere avuto mille ragioni d’esistere è ormai destinato a essere sostituito dalle parole in libertà.

L’evoluzione della poesia e della sensibilità umana ci ha rivelati i due irrimediabili difetti del verso libero.