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DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE 59 avessero a riuscire gli uomini eletti da tutti i Francesi del Terzo Stato, invitati da un Governo, che si dichiarava bisognoso de’ loro consigli, e come impicciato e vergognoso d’esercitare un potere senza limiti, a deliberare e proporre, sotto gli occhi della Francia, riforme, garanzie, leggi generali; gli uomini che avrebbero presentito (almeno alcuni, e bastava) il vantaggio che potrebbero ricavare dal carattere di tutori e difensori di quel maggiore, e tanto maggior numero, di cui facevano parte. Prendeva, se ci si passa questa similitudine, il leoncino di latte per un gatto domestico. Insieme poi con tutti quegli argomenti di fiducia, n’aveva un altro, e non il meno valido, al creder suo; cioè il favor pubblico, per il quale si figurava di poter essere il direttore e il moderatore perpetuo de’ deputati del Terzo Stato: fiducia che, dopo una non lunga vicenda d’alti e bassi, doveva finire in un disinganno amarissimo. Ma riprendiamo il filo degli avvenimenti. I tre Ordini aderirono all’invito del Re; e le conferenze furono riprese, il 30 maggio, alla presenza de’ suoi delegati. Dopo due giorni di sterili discussioni, il Necker, uno di loro, e il quale, vista la mala riuscita del partito preso di lasciar fare gli Ordini da sé, aveva suggerito quel passo, come s’è detto, propose, in nome del Consiglio del Re, un aggiustamento, in questi termini: I tre Orclini, per un atto di fiducia libera e volontaria, si rimetterebbero gli uni agli altri per la verificazione de’ poteri che non incontrassero difficoltà; ne’ casi