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più colta, nella quale quasi tutto il rimanente della Nazione riponeva la sua fiducia e le sue speranze, si può ridurre a pochi capi principali. Ed erano: abolizione de’ privilegi onerosi o umilianti per la massima parte de’ cittadini, e spesso onerosi insieme e umilianti; scompartimento uguale delle imposte su tutti i cittadini, in proporzione de’ loro averi, e senza distinzione di classi, né privilegi; limiti al potere assoluto del Re, potere esercitato di fatto in grandissima parte dai ministri, e segnatamente nell’imprigionare e tenere in prigione indefinitamente qualunque persona, con semplici ordini di gabinetto1;una rappresentanza nazionale, o permanente o periodica, che avesse parte nella formazione delle leggi, e il consenso della quale fosse necessario allo stabilimento delle imposte, e alla stipulazione degl’imprestiti; la stampa sottratta alla censura arbitraria, e regolata da leggi.

Il re Luigi XVI, il quale, e per inclinazione naturale al giusto e all’utile pubblico, e per riguardo alle circostanze, partecipava a quel desiderio d’una riforma, convocò, a quest’effetto, con lettera del 24 gennaio, un’Assemblea, sotto l’antico nome di Stati Generali, composta di deputati dei tre Ordini del Regno (Clero, Nobiltà e Terzo Stato, il quale

  1. Lettres de cachet, sottoscritte da un ministro e segnate col sigillo particolare del Re, a differenza delle Lettres patentes, che portavano la firma del Cancelliere e il Gran Sigillo dello Stato. Ne’ due regni antecedenti a quello di Luigi XVI, le Lettres de cachet erano arrivate a parecchie migliaia.