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consensi di moltissimi e, mettiamo pure, della massima parte de’ Francesi, bisognerebbe o ignorare affatto o dimenticare gli esempi simili che ne somministrano, più o meno in grande, le storie d’altre Nazioni, e anche i tempi presenti, per accagionarne il carattere speciale di quella. E se si trattasse di questo (che non è il caso), si dovrebbe mettere a riscontro di tali errori, non dico i tratti insigni di virtù particolari che spiccarono in quella Rivoluzione, in mezzo ai disordini e in faccia agli oppressori, cose che non costituiscono un merito della Nazione, più di quello che le iniquità d’alcuni siano da addebitarsi ad essa; ma altri momenti di quella Rivoluzione, ne’ quali potè e formarsi e manifestarsi, in un modo più chiaro e sicuro, un sentimento veramente nazionale. Ne accenneremo di corsa due soli.

L’uno, quella passione così viva, così prevalente, del ben pubblico, che precedette e accolse la riunione degli Stati Generali; quel desiderio universale d’una libertà dignitosa e tranquilla, d’una pace fondata sulla giustizia; desiderio espresso come da una gran voce sola, che non lasciava sentire le voci delle passioni astiose, o avide, o turbolente, che pure covavano, ma certo in un molto minor numero di quello che apparve quando, dagli atti anarchici d’una parte degli Stati Generali medesimi, fu data ad esse l’occasione di manifestarsi e di mettersi insieme, anzi, nel più de’ casi, anche di nascere.