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volta insieme, i dne modi dell’oppressione esercitata in Francia ne’ vari momenti di quella Rivoluzione; uno in maschera d’autorità legale, l’altroin maschera di volontà popolare.

Qui, ancora, ai Governi distrutti potè sottentrare un novo Governo, con un’animatissima e insieme pacifica prevalenza e quasi unanimità di liberi voleri.

E un così gran cambiamento, non solo apparve, nell’atto stesso, un fatto stabile, ma appar tale ogni giorno più, malgrado gl’inciampi frapposti e le difficoltà inerenti a ogni gran cambiamento.

Nessuno, credo, vorrà dire che le cagioni d’un divario così importante tra le due Rivoluzioni non meritino d’esser ricercate: e una, non unica, ma principalissima, e feconda di molte cagioni accessorie, ci par di vederla nell’essere stata violata dalla prima, e adempita dalla seconda, una condizione, non meno imposta dall’equità che richiesta, per un accordo naturalissimo, dalla prudenza. Ed è: che la distruzione del Governo, o de’ Governi esistenti prima della Rivoluzione, fosse un mezzo indispensabile per ottenere un bene essenziale e giustamente voluto dalle rispettive società rette da loro: in altri termini, che que’ Governi fossero irreformabilmente opposti al bene e alla volontà delle società medesime.

Dietro queste premesse, cercheremo di dimostrare nella prima parte di questo scritto: che la distruzione del Governo di Luigi XVI non era punto necessaria per ottenere i miglioramenti che la Fran-