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carme autobiografico. 83

tica ad un tempo, comunica il proprio scetticismo all’amica diletta ed al carissimo alunno:

Che dolermi dovea? forse il partirmi
Da questa terra, ov’è il ben far portento,
E somma lode il non aver peccato?
Dove il pensier dalla parola è sempre
Altro, è virtù per ogni labbro ad alta
Voce lodata, ma ne’ cor derisa;
Dov’è spento il pudor, dove sagace
Usura è fatto il beneficio, e frutta
Lussuria amor; dove sol reo si stima
Chi non compie il delitto; ove il delitto
Turpe non è, se fortunato; dove
Sempre in alto i ribaldi e i buoni in fondo.
Dura è pel giusto solitario, il credi,
Dura e, pur troppo, disugual la guerra
Contro i perversi affratellati e molti.
Tu, cui non piacque su la via più trita
La folla urtar che dietro al piacer corre
E all’onor vano e al lucro, e delle sale
Al gracchiar vôto, e del censito volgo
Al petulante cinguettìo, d’amici
Ceto preponi intemerati e pochi,
E la pacata compagnia di quelli
Che, spenti, al mondo anco son pregio e norma,
Segui tua strada; e dal viril proposto
Non ti partir, se sai.


Qui, dove torna pure ad affacciarsi in parte il poeta de’ Sermoni che si mostra alieno dai pubblici ufficii, appaiono chiare le ragioni, per le quali il Manzoni, disgustato della società milanese, si recò in Francia con la madre. Segue il già citato ricordo dell’educazione ricevuta in collegio, quindi l’allusione allo