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il manzoni e vincenzo monti. 59

que’ due buoni compagni di scuola. Il Manzoni voleva, invero, obbligare il Pagani a pubblicar subito una protesta che disdicesse la dedicatoria. Il Pagani gli opponeva che il dedicare non è un avvilirsi; che anche l’Alfieri avea fatto delle dedicatorie, e nessuno potrebbe negarlo uomo libero ed indipendente. Il Manzoni rispondeva esser vero, ma l’Alfieri essere stato «un modello di pura, incontaminata, vera virtù, di un uomo che sente la sua dignità e che non fa un passo, di cui debba arrossire.» — «Ebbene (soggiungeva ancora da Parigi il nostro giovine Poeta), Alfieri dedicò; ma a chi, e perchè dedicò? Dedicò a sua madre, al suo amico del cuore, a Washington, al popolo italiano futuro.» Ci è noto finalmente come il Manzoni deplorava il Carme per l’Imbonati per altre ragioni più gravi che non fossero le allusioni al Collegio de’ Nobili. Una di queste ragioni può essere stato il tacito biasimo del Monti, e l’altra ragione la vedremo in breve.

Fu detto da qualche biografo che, quando nel 1807 il Manzoni pubblicò l’Urania, il Monti abbia esclamato: «Questo giovine incomincia dove vorrei finire.» È possibile che un giorno il Monti abbia reso un tale omaggio al suo discepolo; ma a questo detto suppongo che siasi attribuita un’origine troppo recente. Il Manzoni non incominciava più con l’Urania; da ben sette anni egli scriveva, ed i primi suoi componimenti il Monti aveva letti e lodati; è assai probabile quindi che il complimento, di cui si tratta, siasi fatto veramente dal Monti, ma nel 1801, poich’egli ebbe conosciuto il Trionfo della libertà, poema che il discepolo avea scritto per imitare, forse per emulare