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il manzoni poeta satirico. 43

ad andare alla scuola, non a fare all’amore.» — «Sotto quella doccia a freddo (scrive lo Stoppani) la guarigione fu istantanea, nè di quell’aneddoto altro rimase al Manzoni che la memoria per riderne piacevolmente coi famigliari negli anni più tardi.»

Egli si consola dunque della disgrazia amorosa nella gioconda vita e nei versi; non ha ardori belligeri, nè smania di divenire un gran filosofo, od un legislatore e uomo di Stato potente; la sua cura solenne sono i versi:

   Valido è il corpo in prima, e tal che l’opra
        Non chiegga di Galen; men sano alquanto
        Il frammento di Giove, e non è rado
        Che a purgar quei due morbi, ira ed amore,
        O la febbre d’onor, mi giovin l’erbe
        Dell’orto epicureo. Chè se mi chiedi:
        «A che l’ingegno giovinetto educhi?»
        Non a cercar come si possa in campo
        Mandar più vivi a Dite, o, con la forza
        Del robusto cerèbro, ad un volere
        Ridur le mille volontà del volgo,
        E i feroci domar; ma freno imporre
        Agli indocili versi, e i miei pensieri
        Chiuder con certo piè; questa è la febbre,
        Di cui virtù di farmaco o di voto
        Non ho speranza che sanar mi possa.


A scuola, noi lo abbiamo già detto, i versi gli erano sempre piaciuti; ora che egli, avendo il primo pelo sul mento, potrebbe quasi già venir coscritto fra le milizie del Regno, risolve consacrar tutto il suo tempo alla poesia:

   Ed or di pel già sparso il mento e quasi
        Fra i coscritti censito, in quella mente