il manzoni e la critica. 297

distruggerne nè produrne uno. Ora, quando il tornare indietro è impossibile, e il fermarsi insopportabile, non c’è altro ripiego che d’andare avanti. Non è poi un così tristo ripiego! È con l’andare avanti che si passa dalla moltiplicità all’unità, nella quale solo l’intelletto può acquietarsi fondatamente e stabilmente.»

E in questo concetto sovrano dell’unità che balenò alla mente manzoniana e la contenne, m’acquieterò anch’io per conchiudere che uno scrittore che bandì a vent’anni la formola poetica: «sentir e meditar», e le serbò fede costante nell’arte sua, non può venir letto superficialmente; egli conduceva tutte le forme del bello alla suprema unità del vero, o più tosto poneva il vero come base fondamentale di tutti i suoi edifizii poetici. Quanto a’ suoi intendimenti civili e religiosi, essi non hanno propriamente che fare con l’arte sua; essi non le sono inerenti. Si può credere diversamente dal Manzoni; ma non si dovrebbe oramai concepire l’arte in modo diverso da quello, con cui egli l’ha trattata in modo non superabile ne’ Promessi Sposi. Il Manzoni scrisse il suo capolavoro fra le discussioni dei Classici e dei Romantici che lo riconoscevano come loro caposcuola; la comparsa del capolavoro manzoniano troncò le discussioni; così le recenti battaglie combattute in Italia fra i così detti Veristi e Idealisti potranno aver fine, se nelle file degli uni o degli altri apparirà un altro genio capace di risolvere il problema con un altro capolavoro. Auguriamoci che questo genio nasca presto, e, intanto che s’aspetta, studiamo il Manzoni.



FINE