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288 il manzoni e la critica.

mo quello che egli scriveva intorno al Ripamonti: «Il Ripamonti era istoriografo della città, cioè uno di quegli uomini, ai quali, in qualche caso, può esser comandato e proibito di scriver la storia.» Così egli fa una critica degli storici, quando giustifica sè d’aver fatto la storia di povera gente: «I giudizii criminali e la povera gente, quand’è poca, non si riguardano come materia propriamente della storia.»

Nella seconda parte del suo scritto, il Manzoni cogliendo l’occasione che gli si offre di cercare quello che gli storici avean detto degli Untori, intraprende pure una critica eruditamente demolitrice di Pietro Giannone, storico audacemente plagiario, e la conchiude con queste parole: «Chi sa quali altri furti non osservati di costui potrebbe scoprire chi ne facesse ricerca; ma quel tanto che abbiam veduto d’un tal prendere da altri scrittori, non dico la scelta e l’ordine de’ fatti, non dico giudizii, l’osservazioni, lo spirito, ma le pagine, i capitoli, i libri, è sicuramente, in un autor famoso e lodato, quel che si dice un fenomeno. Sia stata, o sterilità, o pigrizia di mente, fu certamente rara, come fu raro il coraggio, ma unica la felicità di restare, anche con tutto ciò (fin che resta), un grande uomo. E questa circostanza, insieme con l’occasione che ce ne dava l’argomento, ci faccia perdonare dal benigno lettore una digressione, lunga, per dir la verità, in una parte accessoria di un piccolo scritto.»

Dopo aver citato i versi del Parini, che fanno eco alla tradizione popolare degli Untori e della Colonna infame:


     O buoni cittadin, lungi, che il suolo
     Miserabile infame non v’infetti,