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il manzoni e la critica. 277

per l’appunto ne’ Promessi Sposi quella similitudine fra i segni del vasto saccheggio fatto nella parrocchia di Don Abbondio accozzati insieme nel focolare e «molte idee sottintese, in un periodo steso da un uomo di garbo.»

Dicono che Walter Scott, venuto a Milano, cercasse tosto del Manzoni, per rallegrarsi con lui del suo bel romanzo, e che il Manzoni, il quale definì un giorno lo Scott «l’Omero del romanzo storico,» con modestia rispondesse ai primi complimenti: «Se i miei Promessi Sposi hanno qualche pregio, sono opera vostra, tanto sono il frutto del lungo mio studio sui vostri capolavori.» Il grande Romanziere scozzese sentì tosto ciò che vi era di eccessivo in quella modestia, e tagliò corto, a quanto si narra (il Carducci pone in dubbio il racconto stesso), con una risposta non meno spiritosa che eloquente, la quale non ammetteva replica: «Or bene, in questo caso dichiaro che i Promessi Sposi sono il mio più bel romanzo.»

Carlo Cattaneo, forte ingegno lombardo, che non partecipava punto delle idee della scuola manzoniana, anzi le combatteva, parlando un giorno col professor De Benedetti, dichiarava ch’egli non conosceva alcuno scrittore più originale del Manzoni, perchè in nessun altro scrittore si vedono come nel Manzoni armonizzate due qualità che di consueto si escludono, la pietà e la satira.

Ho riferito l’opinione d’un rivale e quella d’un dissidente; gioverà ancora ascoltare quella di un nobile avversario.