sopra il modo singolare con cui si preparò in Milano la stampa de’ Promessi Sposi, tutti possono intendere la finezza di questa pagina, che si può pertanto tornare a rileggere: «Il parlare che, in quel paese, s’era fatto di Lucia, molto tempo prima che la ci arrivasse, il saper che Renzo aveva avuto a patir tanto per lei, e sempre fermo, sempre fedele; forse qualche parola di qualche amico parziale per lui e per tutte le cose sue, avevan fatto nascere una certa curiosità di veder la giovine, e una certa aspettativa della sua bellezza. Ora sapete come è l’aspettativa: immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa; non trova mai tanto che le basti, perchè, in sostanza, non sapeva quello che si volesse; e fa scontare senza pietà il dolce che aveva dato senza ragione. Quando comparve questa Lucia, molti, i quali credevan forse che dovesse avere i capelli proprio d’oro, e le gote proprio di rosa, e due occhi l’uno più bello dell’altro, e che so io? cominciarono a alzar le spalle, ad arricciare il naso, e a dire: «Eh! l’è questa? Dopo tanto tempo, dopo tanti discorsi, s’aspettava qualche cosa di meglio. Cos’è poi? Una contadina come tant’altre. Eh! di queste e delle meglio ce n’è per tutto.» Venendo poi a esaminarla in particolare, notavan chi un difetto, chi un altro; e ci furon fin di quelli che la trovavan brutta affatto. Siccome però nessuno le andava a dir sul viso a Renzo queste cose, così non c’era gran male fin lì. Chi lo fece il male, furon certi tali che gliene rapportarono; e Renzo, che volete? ne fu tocco sul vivo. Cominciò a ruminarci sopra, a farne di gran lamenti, e con chi gliene parlava, e più a lungo