Pagina:Manzoni.djvu/263


i promessi sposi. 261

Porta, poteva al Manzoni parere un confessore di manica larga. Un lettore più difficile fu di certo l’amico critico e filosofo Ermes Visconti, al quale il Manzoni passò la sua prima minuta de’ Promessi Sposi; il Visconti la coprì di note, appunti, correzioni; il Manzoni ne tenne buon conto nella nuova trascrizione del proprio lavoro ch’egli fece nell’anno 1824; la diede quindi a ricopiare per passarla ad altri amici; il Fauriel, il Tosi, Gaetano Giudici, il Tommaseo, furono nel numero de’ lettori privilegiati; ricevute le osservazioni, egli corresse nuovamente di proprio pugno tutta la copia, che passò quindi alla Censura, e finalmente alla Tipografia; sulle prove di stampa che si conservano, il Manzoni fece nuove correzioni; la stampa del primo volume incominciò nell’anno 1825, quella del secondo nel 1826, il terzo ed ultimo volume si finì di stampare nella primavera dell’anno 1827.1 L’aspettativa del romanzo era grande; il Fauriel ne parlava a’ suoi amici in Francia; Victor Cousin che avea visitato il Manzoni a Brusuglio ne recava notizie al vecchio Goethe a Weimar. In Italia, alla sola notizia che il Manzoni stava scrivendo un romanzo storico, parecchi letterati si misero a scrivere romanzi

  1. Il Tommaseo, scrivendo al signor Giovanni Sforza, gli diceva: «Nel marzo (1827) egli (Manzoni) stava scrivendo gli ultimi fogli, e io sul principio di quell’anno o sulla fine del precedente lessi buona parte del terzo volume all’abate Rosmini che, passeggiando la sua stanza, sorrideva e ammirava. Un giorno che Don Alessandro correggeva le bozze e le metteva al sole che s’asciugassero: vede che ho qualcosa anch’io al sole, coll’arguzia solita, nel vedermi entrare, sorridendo egli disse.»