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258 | i promessi sposi. |
in verità, molto più di Renzo, prendiamo a cuore il suo caso.
Vi è una scenetta domestica fra Renzo e Lucia, che il Manzoni deve aver colta proprio sul vivo. Renzo va in collera, vorrebbe uccidere Don Rodrigo, rovinarsi, se Lucia non consente a recarsi con lui dal curato per sorprenderlo. Lucia si spaventa e gli si butta in ginocchi, e promette che farà tutto quel che egli vorrà, pur che diventi più trattabile, più umano, pur che torni buono. L’Autore a questo punto si fa una domanda, che obbliga molto naturalmente un lettore intelligente a farsene un’altra. Siamo noi in casa Mondella, od in casa Manzoni? E la domanda è questa: In mezzo a quella sua gran collera, aveva Renzo pensato di che profitto poteva esser per lui lo spavento di Lucia? E non aveva adoperato un po’ di artifizio a farlo crescere, per farlo fruttare? Il nostro Autore protesta di non saper nulla; e io credo che nemmen Renzo non lo sapesse bene. Il fatto sta che era realmente infuriato contro Don Rodrigo, e che bramava ardentemente il consenso di Lucia; e quando due forti passioni schiamazzano insieme nel cuor di un uomo, nessuno, neppure il paziente, può sempre distinguer chiaramente una voce dall’altra, e dire con sicurezza qual sia quella che predomini. «Ve l’ho promesso,» rispose Lucia, con un tono di rimprovero timido e affettuoso; «ma anche voi avevate promesso di non fare scandoli, di rimettervene al padre....» — «Oh via! per amor di chi vado in furia? Volete tornare indietro ora? e farmi fare uno sproposito?» — «No, no,» disse Lucia, cominciando a