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i promessi sposi. 249

immortale Don Chisciotte. In ciascuno di noi vi è un lato comico e un lato drammatico; il proprio lato comico il Manzoni rappresentò talora in Renzo, talora in quel Don Ferrante che in casa sua non voleva nè comandare nè ubbidire, proprio come il Manzoni, ma era despota in fatto di ortografia; è noto lo scrupolo che il Manzoni metteva nella punteggiatura; nessun autore forse fece un maggior consumo di virgole; e nell’ortografia italiana tanto più legittimamente poteva egli comandare in una casa, ove la padrona, come la signora Blondel, era forestiera; il lato drammatico lo abbiamo personificato in Fra Cristoforo e nell’Innominato.

Nella Prefazione un po’ stramba ai Promessi Sposi, il Manzoni mette già da sè stesso il lettore sull’avviso che nel preteso vecchio manoscritto da lui ritrovato e rimaneggiato s’incontrano casi e persone ch’egli credeva ricordarsi unicamente da esso, quando invece gli accadde poi di riscontrarli con casi e persone che le storie rammentano. «Taluni di que’ fatti (egli dice) certi costumi descritti dal nostro Autore, c’eran sembrati così nuovi, così strani, per non dir peggio, che prima di prestargli fede, abbiam voluto interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugar nelle memorie di quel tempo per chiarirci se veramente il mondo camminasse allora a quel modo. Una tale indagine dissipò tutti i nostri dubbii; a ogni passo ci abbattevamo in cose consimili, e in cose più forti e, quello che ci parve più decisivo, abbiam perfino ritrovati alcuni personaggi, dei quali non avendo mai avuto notizie fuor che dal nostro manoscritto eravamo