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204 intermezzo lirico:

intendere alla Germania che egli sapeva distinguere il popolo tedesco da’ suoi Governi tirannici; ben disse dunque il Carcano che quella dedicatoria era omaggio insieme e rimprovero alla nobile nazione che ci calpestava. Il ritrarsi del Manzoni a Brusuglio, se fu consiglio di prudenza domestica, non fu già una viltà civile. Egli non faceva all’Austria alcuna concessione. Egli non le abbandonava nulla. Egli avea cessato di sperare nell’opera immediata della rivoluzione, quindi ritirava il suo Inno per riserbarlo a tempi migliori. Ma intanto continuava a protestare, e dolersi del presente, a custodire tutte le sue speranze patriottiche dell’avvenire. La rivoluzione piemontese era fallita; di là dunque per il momento non c’era da attendere altro. Ma nessuno ebbe una fede più viva del Manzoni nell’opera del tempo. Ed egli continuò a scrivere an-

    metafore, i suoi voli lirici divennero gloriosi come gli stessi critici malevoli furono costretti a riconoscere. I nostri buoni giovani tedeschi potrebbero vedere in lui un esempio per mantenersi naturalmente in una semplice grandezza; ciò servirebbe forse a trattenerli da ogni falso trascendentalismo.» L’anno seguente, negli stessi Annalen, il Goethe scriveva che dall’Italia aveva ricevuta l’Ildegonda del Grossi, ove doveva ammirare molte cose, senza essersi tuttavia potuto formare un concetto pieno e preciso del lavoro; e soggiungeva: «Perciò tanto più gradito mi riesce il Conte di Carmagnola, tragedia del Manzoni, un vero e schietto poeta, che concepisce chiaramente, che va a fondo delle cose, o che sente umanamente.» L’articolo del Goethe nel giornale: Ueber Kunst und Alterthum, si compendiava in queste parole: «Noi non abbiamo trovato nel suo dramma un solo passo, ove avremmo desiderata una parola di più o di meno. La semplicità, la forza e la chiarezza sono nel suo stile fuse indissolubilmente, e, per questo riguardo, non ci periteremo di definire come classico il suo lavoro.»