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202 intermezzo lirico:

cesso, il Confalonieri ebbe il torto di parlar troppo e nominò pure, quasi a propria scusa, il Sozzi fra i membri designati al futuro Governo provvisorio; un commissario di Polizia si recò prontamente presso il canonico; ma questi, evitando a studio di nominare il Manzoni, si strinse soltanto nelle spalle, dichiarando

         Ogni speme deserta non è;
              Dove già libertade è fiorita,
         Dove ancor col segreto matura,
         Dove ha lagrime un’alta sventura,
         Non c’è cor che non batta per te.
    Quante volte sull’Alpi spiasti
         L’apparir d’un amico stendardo!
         Quante volte intendesti lo sguardo
         Ne’ deserti del duplice mar!
              Ecco alfin dal tuo seno sboccati,
         Stretti intorno a’ tuoi santi colori,
         Forti, armati de’ propri dolori,
         I tuoi figli son sorti a pugnar.
    Oggi, o forti, sui volti baleni
         Il furor delle menti segrete;
         Per l’Italia si pugna, vincete!
         Il suo fato sui brandi vi sta.
              O risorta per voi la vedremo
         Al convito de’ popoli assisa,
         O più serva, più vil, più derisa
         Sotto l’orrida verga starà.
    O giornate del nostro riscatto!
         O dolente per sempre colui
         Che da lunge, dal labbro d’altrui,
         Come un uomo straniero le udrà!
              Che a’ suoi figli narrandole un giorno
         Dovrà dir, sospirando: «Io non v’era;»
         Che la santa vittrice bandiera
         Salutata in quel dì non avrà.


    Notiamo, tuttavia, come ci sembri molto probabile che l’ultima strofa sia stata composta dal Manzoni tra il poetico furore delle Cinque gloriose Giornate di Milano.