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le strofe del marzo 1821. il cinque maggio. |
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del 1821 le prime basi di un Governo provvisorio, abbia pregato l’amico suo Manzoni di adoprare i suoi buoni amici presso il canonico Sozzi di Bergamo, affinchè questi si disponesse a prendervi parte; il Sozzi fu abbastanza avveduto per rispondere: «Vengano prima e allora ci troveranno tutti pronti.» Nel pro-
Da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote
Dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
Sotto il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui vostri stendardi
Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito:
Un giudizio da voi proferito
V’accompagna all’iniqua tenzon:
Voi che a stormo gridaste in quei giorni:
«Dio rigetta la forza straniera;
Ogni gente sia libera, e pêra
Della spada l’iniqua ragion.»
Se la terra, ove oppressi gemeste,
Preme i corpi de’ vostri oppressori,
Se la faccia d’estranei signori
Tanto amara vi parve in quei dì;
Chi v’ha detto, che sterile, eterno
Sarìa il lutto dell’itale genti?
Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
Sarìa sordo quel Dio che v’udì?
Sì, quel Dio, che nell’onda vermiglia
Chiuse il rio che inseguiva Israele,
Quel che in pugno alla maschia Giaele
Pose il maglio ed il colpo guidò;
Quel che è Padre di tutte le genti,
Che non disse al Germano giammai:
"Va, raccogli ove arato non hai;
Spiega l’ugne, l’Italia ti do."
Cara Italia! dovunque il dolente
Grido uscì del tuo lungo servaggio,
Dove ancor dell’umano lignaggio
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