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188 | il manzoni unitario. |
Manzoni che, se riesce a far repubblicano Carlo Alberto, non riescirà a far Pio IX. Sarebbe metter in seno all’Italia due serpi che si combatterebbero e lacererebbero loro e lei. Per amor di Dio, contentiamoci di fare uno Stato forte sul Po, costituzionale; e preghiamo Dio di trovare un venti per cento che capisca de quoi il s’agit. A star sempre in una camera, parlar cogli stessi uomini, si giudica male un paese e il mondo pratico. Lasciamo andar la donna del giudizio di Salomone e il suo bambino; a lei Salomone dava
schiato il capo, firmando l’indirizzo dei Milanesi a Carlo Alberto, invocato in soccorso dei Lombardi, appena Carlo Alberto fu entrato in Lombardia, vide in lui più tosto un usurpatore che un liberatore; e si associò pertanto alla parte repubblicana che voleva una Lombardia indipendente. Tuttavia, i due grandi trattavano ad un modo le questioni di civile decoro. Un giorno il conte Andrea Cittadella, insigne e coltissimo gentiluomo di Padova, ciambellano dell’Imperatore d’Austria, si presentò al Manzoni per offrirgli col miglior garbo possibile una decorazione austriaca. Il Manzoni rifiutò non solo con fermezza, ma persino con una certa durezza, anzi non permise altrimenti che si continuasse un tale discorso. La Blondel aveva annunciato il caso all’Azeglio, e questi rispondeva: «La condotta di Manzoni porterà un ribasso almeno del 25% alla partita croci; e lo vado dicendo a tutti. Un giovane assai caldo mi parlava di questo fatto in modo che avrei avuto una terribile tentazione di dire: anch’io nel mio piccolo, eccetera; ma son uscito vittorioso dal conflitto, e spero che il mio avvocato difensore potrà giovarsi di questo fatto nell’assise della valle di Giosafat.» Questi uomini dunque, che forse non si amavano molto, erano invincibilmente legati l’uno all’altro da un mutuo rispetto, fondato sopra la stima leale delle loro reciproche eccellenti qualità morali. È noto poi come siano state le premure dell’Azeglio governatore a Milano che fecero ottenere al Manzoni, presidente dell’Istituto Lombardo, quella pensione di dodicimila lire annue, con le quali il grand’uomo potè passar meno angustiati gli ultimi anni della sua vita.