Ed aperto d’Europa era il convito;
E questa donna di cotanto lido,
Questa antica, gentil, donna pugnace,
Degna non la tenean dell’alto invito;
Essa in disparte, e posto al labbro il dito,
Dovea il fato aspettar dal suo nemico,
Come siede il mendìco
Alla porta del ricco in sulla via;
Alcun non passa che lo chiami amico,
E non gli far dispetto è cortesia.
Forse infecondo di tal madre or langue
Il glorïoso fianco? o forse ch’ella
Del latte antico oggi le vene ha scarse?
O figli or nutre, a cui per essa il sangue
Donar sia grave? o tali, a cui più bella
Pugna sembri tra lor ingiuria forse?
Stolta bestemmia! eran le forze sparse,
E non le voglie; e quasi in ogni petto
Vivea questo concetto:
Liberi non sarem se non siamo uni;
Ai men forti di noi gregge dispetto,
Fin che non sorga un uom che ci raduni.
Egli è sorto per Dio! Sì, per Colui
Che un dì trascelse il giovinetto ebreo
Che del fratello il percussor percosse;
E fattol duce e salvator de’ sui,
Degli avari ladron sul capo reo
L’ardua furia soffiò dell’onde rosse;
Per quel Dio che talora a stranie posse,
Certo in pena, il valor d’un popol trade;
Ma che l’inique spade
Frange una volta, e gli oppressor confonde,
E all’uom che pugna per le sue contrade
L’ira e la gioia de’ perigli infonde.
Con Lui, signor, dell’itala fortuna
Le sparse verghe raccorrai da terra,
E un fascio ne farai nella tua mano...