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168 il manzoni poeta drammatico.

si rivolge col memore pensiero allo sposo che la tradì:

                                       . . . . . . O Carlo,
Farmi morire di dolor tu il puoi;
Ma che gloria ti fia? Tu stesso un giorno
Dolor ne avresti. Amor tremendo è il mio;
Tu nol conosci ancora; oh! tutto ancora
Non tel mostrai; tu eri mio; secura
Nel mio gaudio io tacea, nè tutta mai
Questo labbro pudìco osato avrìa
Dirti l’ebbrezza del mio cor segreto.


Nel personaggio di Adelchi, il Manzoni stesso confessò d’aver voluto foggiare un suo ideale; il medesimo si può dire dell’Ermengarda, sopra i sentimenti della quale la storia non ci dice nulla; ora gl’ideali che si coloriscono al di fuori della storia e che riescono caratteristici come questo di Ermengarda, non si possono concepire altrimenti che supponendoli determinati dagli stessi sentimenti più vivi del Poeta nell’ora in cui egli scrisse. Io non posso insistere di più sopra un argomento così delicato come le relazioni di Alessandro Manzoni con Enrichetta Blondel; ma parmi che un rimorso gentile dell’Autore verso la sua compagna che egli potè forse turbare co’ suoi ardimenti patriottici o con alcun’altra sua imprudenza, abbia fatto parlare Ermengarda in quel modo straordinariamente appassionato, e che la dedica solenne dell’Adelchi alla sua compagna sia stata come una pubblica riparazione di qualche segreta lacrima domestica. S’io mi sono ingannato, ne domando perdono alla memoria del Manzoni; ma come ai critici del Goethe fu lecito di trac-