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146 il manzoni a brusuglio.

     Pensando a Cui somiglia;
     Cui fu donato in copia,
     Doni con volto amico,
     Con quel tacer pudìco,
     Che accetto il don ti fa.
Spira dei nostri bamboli
     Nell’innocente riso;
     Spargi la casta porpora
     Alle donzelle in viso;
     Manda alle ascose vergini
     Le pure gioie ascose;
     Consacra delle spose
     Il verecondo amor.
Tempra dei baldi giovani
     Il confidente ingegno;
     Reggi il viril proposito
     Ad infallibil segno;
     Adorna la canizie
     Di liete voglie sante;
     Brilla nel guardo errante
     Di chi sperando muor.


Dopo queste strofe sacre il Manzoni non ne scrisse altre; egli sentì che non si poteva andare più in su, tutti i dogmi religiosi si riducono finalmente ad una sola parola: amate. Dopo aver cantato l’amore, dopo averlo probabilmente sentito nella sua maggior veemenza, e sotto le varie forme, con le quali nella vita si può amare, il Manzoni stava per espandere liberamente il suo genio giovanile già temprato, e per drizzare il suo proposito virile a segno infallibile. Ma il confessore gli stava ancora presso per ricordargli ch’egli avea dato di sè pubblico scandalo, e che come pubblico era statolo scandalo, pubblica dovea essere