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Sopra la luna di miele manzoniana noi non abbiamo altre notizie, oltre quelle che il Sainte-Beuve e il Loménie avevano potuto raccogliere dai ricordi del Cousin e del Fauriel. Il Manzoni,1 già convertito
- ↑ La vita del Manzoni in quegli anni ci è così descritta dal Sainte-Beuve: «Nel 1808 si ammogliava. Occupavasi d’agricoltura e d’abbellire la sua villa di Brusuglio presso Milano; poi tornava in Francia a rivedere gli amici della Maisonnette: e dava il Fauriel per padrino alla sua primonata, imponendole i nomi di Giulietta-Claudina. Così passava i giorni tra la famiglia, le piante ed i versi; e questi tenean forse l’ultimo posto. Il Mustoxidi scriveva da Milano al Fauriel: «Alessandro e gli altri della famiglia godono salute, e spesso vi ricordano. Tutto dedito alle cure domestiche, mi pare che s’allontani troppo di frequente dalle Muse, le quali pur gli furono liberali di santi favori (20 dicembre 1811).» Ma il Manzoni non s’allontanava forse dalla poesia quanto pareva; essa doveva tornare a lui, di lì a qualche tempo, ricca di nuovi e più santi gaudii. Dato alla famiglia come il Racine, sebbene forse un po’ troppo presto convertito verso il 1810 alle idee religiose e alla pratica cristiana, padre, sposo, amico, davasi tutto, con animo pacato, ai più ordinati sentimenti, prendeva i costumi e gli abiti più puri e naturali; pareva vi si seppellisse. Non temete! L’immaginazione saprà trovar la sua strada; essa rimane sempre viva in certe anime ardenti insieme e delicate. Egli era di quelli, nei quali dovea verificarsi il bel motto proferito dal Fauriel nei loro primi colloquii: «L’immaginazione, quando s’applica alle idee morali, cogli anni, anzichè raffreddarsi, si fortifica e raddoppia d’energia.» Il Manzoni adunque in que’ tempi occupavasi pur sempre di poesia, se non per farne, almeno per godere di tutto ciò che ne forma l’oggetto, e la parte migliore. Se l’architettura e i disegni di ville degni del Palladio parevan qualche volta domi-