proemio del libro 9

di convertire alcun profano, ma nel desiderio, il quale può ingannarmi, ma è onesto, di delineare il Manzoni quale mi apparve, dopo averlo ricercato attentamente ne’ suoi scritti e nelle memorie del nostro tempo; e, poichè ne verrà fuori, come io spero, non solo la figura di un grande scrittore, ma ancora quella di un grand’uomo, sì mi tenta anche la speranza che alcuno già ben disposto, innamorandosi più forte della sua figura, si giovi dell’esempio che sotto di essa si cela, come tento io stesso di cavarne come posso alcun profitto non solo per l’arte dello scrivere, ma per quella assai più difficile del vivere. Da queste stesse parole si deve, parmi, capire che io non mi propongo di scrivere la vita d’un Santo; se il Manzoni fosse stato un uomo perfetto in ogni cosa, non ci rimarrebbe altro che adorarlo. Ma poich’egli era mortale come noi e soggetto ad errare ed alcuna volta può avere anch’esso umanamente errato, sarà utile a noi l’apprendere in qual modo egli vincesse le sue battaglie ideali, e quale ostinazione virtuosa egli abbia messo per vincere. «Ma noi non vogliamo più la noia di libri siffatti, che ci diano la biografia d’uno scrittore, con l’intendimento dichiarato di offrirci un modello virtuoso. Dateci l’uomo come l’avete visto. Penseremo noi alla conclusione, se ce ne sarà da farne alcuna, o non ne faremo, che sarà il meglio. Risparmiateci dunque i vostri fervorini.» Sento già correre in aria queste parole più di minaccia che di consiglio; e, mettendomene in pensiero, prometto, fin d’ora, che risparmierò i fervorini, quanto mi sarà possibile, ma non prometto poi nulla di più: perchè,