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[§ 31] introduz. alla scienza sociale 59

cipio si potrebbe dedurre il precetto, il quale pure è stato di molti popoli, «essere doveroso vendicarsi del nemico», od anche solo il precetto greco, «odia chi ti odia, ama fortemente chi ti ama»1; e l’altro «perdona ai nemici; ama il prossimo tuo come te stesso.» Gli autori vogliono in generale dare il tipo non già dei sentimenti che hanno esistito, ma di quelli che dovrebbero esistere. Da ciò nasce il secondo aspetto sotto il quale ci appaiono quei ragionamenti, i quali sono volti non già a descrivere ciò che è, bensì a prescrivere ciò che dovrebbe essere; ed è in quel modo che ad essi viene meno il valore logico.

Herbert Spencer si toglie d’impaccio chiamando pro-morale gli usi e costumi che l’osservazione ci insegna esistere, od avere esistito; e serba il nome di morale per un certo che di assoluto che dovrebbe esistere. Ma egli non dimostra, e non può dimostrare, la proposizione dove entra quel dovrebbe. Egli biasima le morali a priori, come la morale cristiana; ma in sostanza la sua morale è tanto a priori quanto quelle da lui riprovate, ed egli stesso è costretto di riconoscere che l’osservazione non ci dà che la pro-morale.

Per esempio, egli è persuaso che la guerra è immorale. Tale proposizione può soddisfare i suoi sentimenti e quelli di altri uomini, ma non si può dimostrare scientificamente, e nessuno può dire se la guerra sparirà mai dalla terra. La ripugnanza dello Spencer per la guerra e per i sentimenti bellicosi è meramente soggettiva; egli, seguendo una via solita per gli uomini, ne fa un principio oggettivo, e con quello giudica la morale dei diversi po-


  1. Μισοῦντα μίσει, τὸν φιλοῦνθ’ ὑπερφίλει.